Descrivere la storia della pattuglia acrobatica civile Alpi Eagles significa raccontare uno dei periodi più incredibili dell’Aviazione Civile in Italia, un’epoca in cui gli eventi aviatori si susseguivano senza soluzione di continuità per tutta la stagione estiva, in location tradizionali come aeroporti ed aviosuperfici, ma anche in luoghi assolutamente improbabili come eventi sportivi o manifestazioni popolari di paese.
Fu un periodo in cui l’acrobazia aerea, fino ad allora ad esclusivo appannaggio del mondo militare e degli Aeroclub, assunse un carattere “popolare” nel vero significato del termine, proprio grazie all’intraprendenza e all’anticonformismo che erano profondamente radicati nel DNA di questo Team.
Erano anni in cui bastava che Renato Rocchi (indiscusso speaker alle Frecce Tricolori prima e con le Alpi Eagles dopo) sollevasse la cornetta azzurra del telefono d’ordinanza SIP e chiamasse uno dei mille amici che aveva conosciuto tra gli uomini in divisa azzurra durante la sua “meravigliosa avventura” per risolvere, con poche battute, questioni contorte come permessi, NOTAM, autorizzazioni o pianificazioni varie…azioni che oggi potrebbero sembrare improponibili, ma che al tempo erano il motore di ogni attività connessa al volo.
Le Alpi Eagles hanno lasciato per quasi due decenni le loro scie di fumo nei cieli di tutta Italia e di gran parte dell’Europa (con una trionfale tournée che si è spinta fino al Nordamerica), ma i cinque Siai Marchetti SF-260C, con il rombo dei loro potenti motori a pistoni Lycoming, hanno lasciato tracce ben più durature nei cuori e nella memoria di tantissimi appassionati.
Si è trattato di un mix irripetibile di fattori: il particolare momento sociale ed economico, il carisma e la passione dei grandi piloti che ne hanno fatto parte, sottolineati dalla storia comune che condividevano tutti e che li aveva portati a volare con la formazione acrobatica più numerosa al mondo (le mitiche Frecce Tricolori, grandissima scuola dell’acrobazia collettiva), l’onda di entusiasmo e di positività che pervadeva l’Italia negli anni ‘80, la voglia di uscire e di divertirsi, di stare insieme per condividere passioni ed emozioni...un perfetto “cocktail” che attraverserà l’intero ventennio 1980-1990 e che accompagnerà costantemente il volo dei cinque velivoli bianchi.
Oggi, a distanza di 30 anni dallo scioglimento della formazione, contraccambieremo la gioia e la fantasia di volare, espresse durante la loro attività, con la medesima popolarità che ne ha alimentato le indimenticabili stagioni acrobatiche. Ciò lo faremo ripercorrendo l’epopea Alpi Eagles, ma non semplicemente riproponendo la storia ufficiale che è, probabilmente, già tutta scritta nei numerosi articoli pubblicati da tutte le maggiori riviste aeronautiche, bensì raccontando fatti e aneddoti che fino ad ora la maggior parte delle persone non ne era a conoscenza.
Sarà l’occasione per riassaporare quel magnifico periodo, ascoltando le testimonianze dei protagonisti diretti di quell’avventura: i piloti. Ma non saranno gli unici ad alimentare la storia del backstage, delle guasconate, degli imprevisti mai dichiarati…ci sarà la voce degli appassionati, coloro che hanno seguito la pattuglia ovunque e comunque, testimoni non in volo ma a terra, che hanno saputo raccogliere il frutto di cotanta dedizione e professionalità.
La serie di pubblicazioni che seguiranno mensilmente questa prefazione analizzeranno l’altra faccia del volo acrobatico collettivo, quella umana…quella fatta di tute intrise di sudore, di pacche sulle spalle, di adrenalina che scorre a fiumi, di scherzi e battute, di goliardia, ma anche di amicizia, stima e fiducia reciproca, ingredienti senza i quali non esiste acrobazia in formazione.
Dopo questa breve introduzione a ciò che andrete a leggere, diamo un’anticipazione riguardante la patch storica delle Alpi Eagles.
Come risulta evidente dall’immagine soprastante, realizzata da Giuliano Basso, due sono gli emblemi che hanno rappresentato il Team: il primo (con aquila rossa stilizzata), identificativo dal 1981 al 1983, ideato da un grafico di una nota azienda vicentina (della quale ne racconteremo il motivo della citazione) e che ne ha rappresentato la nascita e l’attività su velivolo Pitts Special 2A per un brevissimo periodo; il secondo, il più conosciuto, dal 1983 al 1990 e realizzato dal grande Bruno Garbuoi, in arte Brugar…noto appassionato e disegnatore che riprodusse le caricature di comandanti e velivoli delle Frecce Tricolori.
In entrambi i loghi è presente l’aquila al centro; ciò è dettato dal nominativo scelto dal gruppo, ovvero le “aquile delle Alpi”, in omaggio agli aggressivi e padroneggianti volatili che dominano le alte vette delle più famose montagne italiane. Nella seconda patch l’aquila risulta più dettagliata, con il piumaggio dell’ala che richiama il profilo alare dell’aeroplano, quest’ultimo anch’esso rappresentato sopra il rapace.
Le cinque stelle in entrambe le rappresentazioni richiamano il numero di velivoli che, gradualmente, ne hanno costituito la pattuglia. Come anticipato dal Comandante Soddu: << La nostra idea era quella di formare un Team di 4 elementi più solista, soluzione che si è concretizzata dalla seconda metà degli anni ’80 >>. Piace anche pensare che l’unica stella su sfondo azzurro sia dedicata ad un amico-collega fraterno al Comandante, che alle Alpi Eagles ne ha sancito assieme la nascita.
Per finire il tricolore, concentrico, che racchiude l’essenza rappresentata dalla patch più famosa. E’ l’appartenenza ad una tradizione aviatoria italiana che grazie ai piloti si è plasmata in ambito civile, diffondendola e coltivandola in ogni loro apparizione.
Concludiamo questo primo accenno alle Alpi Eagles con un sincero grazie a Giuliano che, recuperando i pochi reperti rintracciabili nel Web, ne ha estrapolato, disegnando in vettoriale, le patch e composto l’immagine pubblicata. Un “restauro conservativo”, come ha voluto precisare… l’ennesima dimostrazione di affetto da parte di un appassionato…la stessa che noi tutti sostenitori nostalgici vogliamo contraccambiare alle nostre aquile.
Christian Vaccari, Giuliano Basso
Image by Giuliano Basso, Gelmino Veronese e Luigi Ceranto