Alpi Eagles, torniamo a parlarne

Avevamo già trattato l’argomento Alpi Eagles ripercorrendo la storia della prima pattuglia acrobatica civile italiana. Per quasi un ventennio le “aquile” hanno solcato i cieli italiani ed europei, trasmettendo ad appassionati e professionisti tecnica di pilotaggio, fantasia e gioia di volare.

   E’ stata anche l’occasione di combinare due eccellenze made in Italy: la tradizione aeronautica ed il Siai Marchetti SF-260C, un mezzo che ha saputo regalare tante soddisfazioni ai piloti, pura espressione di affidabilità e prestazione. Un velivolo ad elica che ha interpretato al meglio un repertorio acrobatico ad esclusivo appannaggio degli aviogetti, data l’esperienza maturata nelle Frecce Tricolori dei componenti.  

Preannunciandovi che di Alpi Eagles se ne parlerà anche in altri prossimi articoli, “scaldiamo i motori” e proviamo ad immaginare di poterci sedere a fianco di uno di questi professionisti dell’aria e farci condurre in un repertorio acrobatico degno di nota. Per l’occasione non voleremo su un SF-260 bianco, ma con altra livrea; si tratta di un’esperienza personale vissuta molti anni dopo l’epopea Alpi Eagles, ma che presenta un legame intrinseco: con le Alpi Eagles venne riproposta in chiave sportiva la disciplina del volo in formazione militare, tradizione tramandata in altre pattuglie…aventi la medesima origine. Stiamo parlando delle Breitling Eagles, The Red Bulls, Breitling Devils. Tutte hanno in comune la militanza dei piloti nelle Frecce Tricolori, tutti con un bagaglio professionale simile; il proseguimento di un’altrettanta “meravigliosa avventura”, in anni diversi, con altri protagonisti, ma non meno spettacolare.

   Con il ritorno nel 2008 dell’SF-260D come mezzo della più blasonata pattuglia acrobatica civile, il ricordo non poteva non andare agli anni ’80 quando nei cieli si esibivano le “Aquile delle Alpi”. 

   Cerchiamo quindi di provare l’ebrezza di un volo acrobatico in formazione con l’SF-260, macchina che ancora oggi è per stile e caratteristiche tanto apprezzata da molti piloti.  

Un volo inaspettato

   Un Sabato mattina di 10 anni fa andai all’aeroporto Arturo Ferrarin di Thiene per incontrare i Breitling Devils. Ormai era da qualche anno che li seguivo e il tempo libero a disposizione mi permetteva di presenziare agli allenamenti. Una giornata di primavera limpida e soleggiata, con tutti i presupposti per ore trascorse in compagnia.

   La pista di Thiene è stata per anni la “culla” del più famoso Team acrobatico che l’ambiente aeronautico civile abbia mai conosciuto; da questo piccolo aeroporto del vicentino decollavano i Siai Marchetti delle Alpi Eagles, una straordinaria realtà che seppe coltivare l’ammirazione di tanti sostenitori. Dopo un lungo stop forzato, altri velivoli solcarono l’onda dell’avventura acrobatica, ma ci vollero 18 anni per rivedere una formazione composta da Siai e udire l’inconfondibile rombo del motore Lycoming.

   In programma quel giorno vi erano ben due sortite di allenamento: la prima con la formazione al completo (3 velivoli) e la seconda con un elemento in meno.

   La mattinata trascorse tranquillamente, con i piloti impegnati nel briefing e gli specialisti a preparare gli SF-260D per l’attività quotidiana. Fra una chiacchiera e l’altra con altri appassionati, giunti a Thiene per lo stesso motivo, la pattuglia svolse la missione addestrativa e fece rientro alla base.  

Al ristorante dell’aeroporto ci riunimmo, in vista della sessione pomeridiana. Eravamo seduti allo stesso tavolo, scambiandoci ricordi e opinioni di questo mondo aeronautico in continua evoluzione. Ero contento di conoscere da vicino questa realtà: ho avuto la fortuna di parlarne con professionisti di alto livello, piloti che hanno solcato i cieli di tutto il mondo in servizio alla nostra Aeronautica Militare Italiana e con le Frecce Tricolori.

   Tornando all’hangar cominciammo a discutere sul prossimo volo, quando il Comandante Fiore esclamò: <<C’è qualcuno che ci vuole far compagnia…Christian sali con me?>>. In quell’istante non ebbi la risposta pronta, al contrario di quanto avrei auspicato, ma non stetti nella pelle e risposi <<Con piacere!>>

   Come da prassi ci dirigemmo verso la saletta briefing allestita dentro l’hangar, ci sedemmo e il capo-formazione iniziò a delucidare tempi, modi e azioni del volo che da lì a poco sarebbe iniziato. Mi sembrava di rivivere un film, quei video visti e rivisti nelle vhs prima e in rete dopo delle Frecce Tricolori.  

A conclusione, uscimmo e venni indirizzato da Stefano, uno degli specialisti. Mi fece vedere e mi aiutò ad indossare il paracadute, fondamentale in ogni situazione di pericolo ed attesi il consenso del Comandante Fiore per salire a bordo. Il sedile sinistro per l’occasione fu fatto arretrate, in modo da non creare impedimento nei movimenti di pedaliera e cloche al pilota; mi sentivo come in poltronissima e avevo una buona visuale dell’operato a bordo del 260.

   I Lycoming iniziarono a rombare: il favoloso motore a pistoni stava facendo leggermente vibrare il pannello strumenti dentro il cockpit e la sua esuberanza si faceva sentire anche nel basso fondo del sedile. Iniziarono i controlli ai velivoli e con il consenso della torre di controllo al rullaggio ci trasferimmo verso la testata pista, in attesa dell’autorizzazione al decollo.

   Durante quell’attesa Pier Luigi mi informò delle procedure di emergenza, azioni da seguire alla lettera per uscirne con esito positivo. Furono nozioni importanti da recepire con cognizione di causa: se ci fossimo trovati ad affrontare una situazione del genere mi sarei attenuto alle direttive del Comandante. Su due piedi non mi immaginavo così audace nel compiere un salto nel vuoto, aggrappandomi alla salvezza del paracadute, ma se il contesto me lo avrebbe imposto…era l’unica chance.  

Superati i malauguranti pensieri, i due Siai si allinearono in pista, pronti ad affrontare l’avventura acrobatica. Motore…e via! Decollammo sfalsati, prima il numero 1 e poi il 2, e ci ricongiungemmo in formazione allargata durante la quota di crociera. Pier Luigi mi chiese di scrutare a 360° il cielo circostante per evitare spiacevoli incontri ravvicinati con altri aeromobili in transito; inoltre mi disse che per qualsiasi evenienza avrei potuto battergli la gamba sinistra, segno per aprirmi il microfono ed ascoltare ciò che avevo da comunicargli.

   Dopo le opportune chiamate radio con gli operatori radar a terra, il volo da Thiene a Montagnana fu breve e prossimi al cielo campo di attività la coppia dei 260 si fece serrata. Il Gregario destro si mise in posizione: lo vidi avvicinarsi come attirato da un campo magnetico e bloccarsi a distanza prestabilita. Era incollato sotto la nostra ala, in un continuo correggere la traiettoria per mantenere il riferimento visivo di formazione.

   Tutto era pronto. Pier Luigi mi disse: << Hai individuato la pista?>>, ed io risposi <<No, non riesco a distinguerla con tutti questi campi coltivati!>>. Poi ad un tratto le sagome degli hangars emersero dal pianeggiante terreno e il comando per la schneider d’ingresso venne trasmesso via radio.  

Sorvolammo la Club House dell’Avio Club in virata 180°, con una quota che a bordo del velivolo mi rendeva l’idea di quanto eravamo bassi, ma sempre dentro i parametri del programma acrobatico. Al termine seguì una sfogata per riportarci in direzione display line. Era il momento della verità: come mi sarei comportato e come il mio fisico avrebbe reagito alle sollecitazioni delle manovre? Non ebbi il tempo per rispondermi che la fase ascensionale del Looping ebbe inizio. 1…2…3…forse 4 G…la testa era china rispetto al corpo, come se impalata ad osservare la direzione dell’orizzonte che si era persa con la repentina cabrata. Braccia, mani, gambe, piedi, tutto era più pesante…neppure il tentativo di spostare la presa sul sedile con le mani andò a buon esito. Con la fase discendente tornai ad una condizione di riposo, uscendo da questo turbinio di sensazioni.  

Emozioni contrastanti: l’adrenalina per un qualcosa di nuovo che andavo a scoprire con l’angoscia di non esser in grado di resistere ai 20 minuti di volo in queste condizioni. Ma il programma era solo all’inizio e mi resi conto che se mi fossi concentrato, anticipando le manovre, avrei sicuramente condotto un volo più disteso e meno ansioso. E così, contraendo i muscoli addominali e con un adeguato respiro assecondavo i G a cui il mio fisico era sottoposto e potei gustarmi un volo unico nel suo genere.

   Il cielo e la terra continuavano a scambiarsi di posto, era come starsene seduti ad ammirare un continuo evoluire del panorama esterno al cockpit. Eppure stavamo compiendo evoluzioni acrobatiche, scoprendo nuove percezioni che da terra non ero stato in grado di quantificarle prima d’ora. La sequenza delle manovre erano da me conosciute: quante volte li ho visti esibirsi alle manifestazioni o agli allenamenti, quante volte ho riguardato e paragonato questa o quella figura con il repertorio della PAN.

   Cardioide, tonneau a botte, schneider, apocalisse, bomba, papillon…il programma fu scandito con una tempistica tipica della disciplina militare, un susseguirsi “ritmato” preciso e razionale, dove nulla è lasciato al caso.

   Lo sguardo seguiva un binario immaginario che la coppia di 260 avrebbe percorso, distraendomi in qualche occasione per ammirare le spettacolari immagini che attraverso il vetro del cupolino si creavano. Pier Luigi era concentrato: aveva la responsabilità di condurre da un punto all’altro la formazione, con quota, velocità ed energia cinetica adeguate allo svolgimento di un repertorio prestabilito che si ripeteva ogni volta, in sicurezza.  

Al passaggio finale, con flaps estesi e carrelli aperti, Maurizio da gregario chiese di portarsi in posizione leader. La formazione si allargò e ci appiccicammo alla sua ala destra. La tip-tank era lì ad un paio di metri dal nostro abitacolo: <<Impressionante!>>. Se nel primo tempo la prospettiva era quella di far da guida, nel secondo potevo capire com’era fare il lavoro da gregario. Pier Luigi continuava a correggere la posizione con movimenti in sincrono di manetta motore e cloche, con una naturalità che mi lasciò sbalordito. Vedevo il 260 di Maurizio che a volte sobbalzava, ma i due velivoli erano in sintonia, quasi legati da un sottile elastico che li teneva legati l’uno all’altro.

   Sfogate, sfogate e sfogate…quanto erano toste! Poi vennero provati looping e tonneau a botte. Vederli effettuare dal punto di vista di chi “insegue” è veramente straordinario: sembra proprio di essere su uno dei 339 blu a strisce tricolori. I motori a reazione sono stati sostituiti da quelli ad elica, le divise dei piloti sobrie e di colore meno sgargiante, ma il ritmo e le geometrie disegnate in cielo sono le stesse che affascinano migliaia di spettatori in tutto il mondo.  

La sessione training era ormai al termine e con un ultimo sorvolo all’Avio Club salutammo l’area di attività per far rientro all’Aeroporto di Thiene. Durante il ritorno mi sembrava che quei trenta minuti fossero trascorsi troppo in fretta; eppure quel modo di volare fu talmente entusiasmante e speciale che ogni istante fu un mix di emozioni, immagini e suoni...istanti ricchi di significato dunque che ebbero un impatto dominante nel lasso di tempo trascorso per aria.

   Autorizzati all’atterraggio, la formazione aprì in fila indiana per portarsi all’avvicinamento. Una volta a terra i velivoli vennero indirizzati alla zona rifornimento per riempire i serbatoi dei 260. Con ancora le cinghie addosso, strinsi la mano a Pier Luigi complimentandomi e ringraziandolo per l’indimenticabile opportunità.

   Con i velivoli riposizionati all’interno dell’hangar, ci dirigemmo verso il bar per i saluti. La giornata era stata proficua per il Team in quanto aveva consentito ai componenti di mantenere un adeguato livello di confidenza col mezzo e col programma da svolgere, in vista dell’imminente stagione acrobatica.

 Un connubio di professionalità e tecnica che è discendente diretta di un‘altra “meravigliosa avventura”, che negli anni passati ha reso la “piccola PAN” un fiore all’occhiello tutto italiano.    

 

Testo: Christian Vaccari

Foto: Silvano Cazzara, Luca Orsini, Christian Vaccari, Flight Video & Photo - Ruggero Piccoli, The Aviation