In questo terzo appuntamento con le vicende legate al 28° Gruppo “Streghe” abbiamo incontrato il Comandante Fabio Consoli.
Come già evidenziato negli scorsi articoli, andiamo a scoprire il vissuto di Fabio all’interno dell’Aeronautica Militare; per quest’occasione, però, avremo modo di rivivere una missione volata dal protagonista durante il periodo di servizio al 3° Stormo, dal titolo: “Era una notte buia e tempestosa”, un’interessante trattazione nella quale ci caleremo nei panni del pilota strega nel cockpit dell’F-104.
Fabio entra in Accademia Aeronautica con il Corso Zodiaco 3°, il 4 Settembre 1980. Durante gli studi accademici viene assegnato al 207° Gruppo (SVBAE – Scuola Volo Basico Avanzato Elica, Latina) dove conseguirà il Brevetto di Pilota di Aeroplano su SIAI Marchetti SF-260M nel 1981; successivamente è inviato al primo corso italiano ENJJPTP (Euro-NATO Joint Jet Pilot Training Program) presso Sheppard AFB, dove verrà abilitato al pilotaggio su Cessna T-37 Tweet e Northrop T-38 Talon (graduation nel luglio 1985). Rientrato in Italia è mandato a frequentare il Corso Pre-operativo su Fiat G-91T al 201°Gruppo (SVBAA – Scuola Volo Basico Avanzato Aviogetti, Amendola) ed, infine, inviato a Grosseto presso il 20° Gruppo per la transizione su TF-104G.
Nel Marzo 1986 Fabio ricevette la prima assegnazione ad un Reparto operativo: il 28° Gruppo “Streghe” presso la base veronese sede del 3° Stormo, conseguendo la Combat Ready nel ruolo CRO e CBO nel 1987.
Anche a Fabio chiediamo alcune considerazioni sull’F-104G in dotazione al prestigioso Gruppo ricognitori: << Il G era una piattaforma ideale per il ruolo: stabile, potente, veloce. Purtroppo i suoi punti deboli li aveva: primo, nella mancanza di un sistema di navigazione accurato che obbligava il pilota a navigare “alla vecchia maniera”, cioè bussola e orologio. In questo modo, la maggior parte della sua attenzione era finalizzata alla navigazione, senza potersi dedicare alla ricerca di possibili minacce; secondo, la totale assenza di sistemi RWR e autodifesa moderni. La vecchia ALQ70 era praticamente inutile e solo verso la fine della vita operativa furono montati i “launcher” per chaff e flare che però non erano asserviti ad un sistema RWR: il pilota avrebbe dovuto sganciare dopo aver acquisito visualmente la minaccia >> .
Il 1988 è un anno importante: Fabio viene chiamato alla selezione del Reparto Sperimentale Volo (RSV) al quale verrà assegnato nel 1989 dopo aver frequentato la Scuola di Guerra di Firenze. Nel Luglio 1990 è inviato presso la USAF Test Pilot School ad Edwards AFB dove frequenta il corso di pilota collaudatore sperimentatore con la classe 90B. << Allora i velivoli della scuola erano il T-38 Talon, l’F-4 Phantom, l’A-7 Corsair, l’F-16 e l’A-37 Dragonfly. Ho avuto anche occasione di volare su moltissimi altri velivoli, tra i quali F-15, F-18, B-52, F-5, C-130 e C-141. Mi sono graduato con onori nel Giugno 1991 >>.
Tornato in Italia all’RSV, Fabio riceve il suo incarico da “Spera”: partecipare al programma Eurofighter, che ha seguito dal 1991 al 1997. << Il 9 Febbraio 1996, presso l’Alenia a Torino Caselle, sono stato il primo pilota militare italiano a volare sul DA3 del programma. Nel corso del medesimo anno ho poi volato sul DA1 tedesco nell’ambito della prima valutazione ufficiale del programma, prima della firma del contratto di produzione del velivolo >>.
Considerando l’importanza del velivolo Eurofighter EF-2000 Typhoon all’interno dell’Aeronautica Militare che dal 16 marzo 2004 ne è diventato il velivolo di quarta generazione a prestare servizio presso il 4° Stormo Grosseto (9° - 20° Gruppo), 36° Stormo Gioia del Colle (10° - 12° Gruppo), 37° Stormo Trapani (18° Gruppo), non potevamo rinunciare a chiedere a Fabio la sua prima impressione nel volarci. << Feci il 32° volo del DA3. Allora l’inviluppo di volo era ancora molto limitato e non si poteva fare molto con il velivolo. Fra l’altro il DA3 era il primo prototipo che aveva i motori EJ200 ed era dedicato alla prova e sviluppo di quel motore. Mi impressionò comunque la potenza, già apparente agli inizi del programma, e l’ottima visibilità dal cockpit. Il sistema frenante era orribile: i freni erano bruschi ed asimmetrici >>.
Per Fabio, librarsi in volo con il successore dell’ormai superato (tecnologicamente parlando) Starfighter era un privilegio ed un’emozione unica, testimone del salto generazionale che i futuri piloti avrebbero constatato negli anni avvenire … coloro che tuttora difendono i cieli italiani 365 giorni, H24.
<< All’ RSV ho volato, inoltre, su MB-326A, MB-326E, MB-326K, MB-339A, MB-339C, MB-339CD, AMX e AMX-T, Tornado, F-104S, G-222, PD-808, P-180, P-166M, P-166DL3, AB-47-G2, NH-500, AB-212.
Per tre anni ho fatto parte dell’equipaggio presentatore del G-222, prima come Copilota e poi come Comandante. Ho partecipato a moltissime manifestazioni tra il 1992 ed il 1995, tra le quali il prestigioso Air Tattoo a Fairford (due volte) >>.
Terminata l’esperienza a Pratica di Mare, Fabio venne assegnato ad un altro Reparto operativo: << Nel 1997 sono diventato il Comandante al 14° Gruppo del 2° Stormo sulla base aerea di Rivolto. Il 14° era dotato di AMX, quasi tutti del 3° lotto, i più operativi. Nel mio anno e mezzo di comando abbiamo partecipato a moltissime esercitazioni, tra le quali mi piace ricordare la Maple Flag, in occasione della quale avvenne il primo rischieramento degli AMX in Nord America, con trasferimento in volo, e le operazioni in Bosnia, post accordi di Dayton, nelle quali i velivoli AMX del mio Gruppo operarono in ambiente NATO e con armamento “live”>>.
Come per molti altri ex-colleghi di Reparto, spesso ci si ritrova a prendere decisioni che cambiano le prospettive di vita e gli ambienti nei quali dedicarsi. Per Fabio il 1999 è l’anno del congedo dall’Aeronautica Militare: << Con il grado di Tenente Colonnello, mi mancava qualche mese per terminare il mio secondo anno di comando e poi sarei dovuto andare allo Stato Maggiore. La mia vita da Pilota operativo era ormai al termine e l’idea di andare a chiudermi in un ufficio non mi sorrideva affatto; decisi perciò, alla seconda chiamata di Alitalia, di congedarmi per diventare Pilota di linea. Lo feci con grande rimpianto. Se avessi potuto scegliere di rimanere al Reparto e continuare a fare il lavoro che adoravo non avrei avuto dubbi e sarei rimasto in AM >>.
Con la divisa da Pilota Alitalia Fabio inizia l’attività di linea su McDonnell Douglas MD-80, per poi transitare nel 2004 su Airbus A-320F. Dal 2017 l’ennesima abilitazione, stavolta su Boeing B-777-200/300. << Nei miei quasi 40 anni di carriera ho totalizzato ormai 16.700 ore di volo su più di 50 tipi diversi di velivoli… e ancora mi piace volare! >>.
Come anticipato, lasciamo la parola al nostro protagonista ed indossiamo il casco da pilota Strega per una missione di routine… come tante altre!
Era una notte buia e tempestosa…
Era una notte buia e tempestosa. La data non la ricordo con esattezza, ma doveva essere una notte di fine estate od autunnale del 1988. Esisteva ancora l’Unione Sovietica e la contrapposizione tra NATO e Patto di Varsavia era nell’ordine naturale delle cose. La storia si svolge nei cieli del Veneto e del Friuli; i protagonisti sono due “streghe” del 28° Gruppo del 3° Stormo di base a Villafranca di Verona.
Era una notte buia e tempestosa, dunque. Il Gruppo era impegnato nell’annuale esercitazione “Display Determination” della NATO, uno degli impegni operativi più importanti per i Gruppi dell’Aeronautica Militare che vi partecipavano; il 28° è “taskato” per una missione di ricognizione notturna da effettuarsi in Friuli: in parole povere, le Streghe devono riportare a casa le fotografie di tre o quattro camion parcheggiati nel poligono di Maniago (allora ancora attivo) usando le macchine all’infrarosso del pod “Orpheus”. La missione viene assegnata a me, giovane tenente, gregario, con più di due anni di esperienza sul 104G, ed al mio amico Daniele (il nome è di fantasia), capo-coppia, giovane capitano di notevole esperienza, ma transitato sul 104 da relativamente poco tempo, proveniente da un reparto caccia-bombardiere dotato di G-91Y.
Una premessa importante da fare è questa: in quegli anni era autorizzato un solo percorso di bassa quota notturna; il mio Gruppo di notte e a bassa quota volava sempre e solo quella rotta. Diamine, la conoscevo a memoria! Questa missione, inoltre, andava verso ovest, fino a Fossano, in Piemonte (dove probabilmente abbiamo raccolto una serie infinita di maledizioni da parte della popolazione locale) per poi tornare verso est sorvolando Lombardia ed Emilia. Insomma, noi non avevamo visto molta Italia di notte e a bassa quota!
Daniele ed io ci guardiamo negli occhi e pensiamo la stessa cosa: “Fabio” mi dice “andiamo a pianificare per bene questa missione!”.
L’ora e mezza successiva fu impiegata nella preparazione della missione: ricordo perfettamente che pianificammo una bassa quota tutta in pianura, con parecchi “waypoints” facilmente identificabili al radar. In pratica, dopo il decollo da Villa, avremmo virato verso sud per riportare i ponti di Borgoforte (uscita standard VFR); poi prua verso est, seguendo praticamente il corso del Po fino alle sue foci, nord-est verso la laguna di Marano ed, infine, prua nord per passare sulle coordinate del target seguendo il fiume Tagliamento. Calcoliamo, inoltre, l’orario di decollo per fare il TOT (Time On Target), la quota di sorvolo e la distanza da mantenere tra gli elementi della formazione in modo da garantire una copertura adeguata dell’area del target con le nostre macchine all’infrarosso.
Quando tutto è pronto, passiamo il nostro piano di volo e cominciamo a fare il briefing per la missione.
Ad un tratto… il disastro! Qualcuno entra in sala navigazione e ci “molla la bomba”: “Hanno chiamato dal Venda (allora sul Montevenda, nel padovano, era situato uno dei centri di comando e controllo dell’Aeronautica Militare) ed hanno detto che non siamo autorizzati a volare basse quote notturne differenti da quella autorizzata! Dovrete riportare sul TACAN di Istrana, da lì scendere lungo una radiale a vostra scelta per riportare un IP (Initial Point) a bassa quota, fare il TGT (Target) e poi tornare per la stessa strada”. … e mancano tre quarti d’ora al decollo!
“Che manfrina! Che razza di addestramento è questo?!? Come se in caso reale si potesse operare in questo modo!”
I nostri commenti, potete facilmente immaginare, sono di questo tipo (…e pure peggiori). Comunque: “comandi, sissignore!”; Daniele ed io ci “fiondiamo” in sala navigazione per buttare via tutto il nostro lavoro e tirare le quattro linee che ci servono: riporteremo la verticale del TACAN di Istrana e poi scenderemo lungo la radiale che ci porterà sulla città di Pordenone che sarà il nostro IP, poi prua verso est per riportare a sud di Aviano e, quindi, il poligono di Maniago dove è situato il nostro obiettivo. Per fortuna la parte relativa al sorvolo del TGT rimane pressoché invariata e così, dopo soli quindici frenetici minuti, siamo pronti ad avviarci, ancora bestemmiando, verso lo spogliatoio e la sala caschi del Gruppo.
Bardati di tutto punto ci avviamo verso la linea volo dove ci attendono i nostri due “spilloni” in configurazione “tip + pod”. Piove, il “ceiling” è tra i 1.000 ed i 1.500 ft, ma almeno la visibilità è decente. Messa in moto e “cinque dita” vengono svolte regolarmente e con la velocità di un vero “combat ready”, così Daniele ed io ci presentiamo all’orario previsto per un decollo in coppia.
Così, in quella notte buia e piovosa, i nostri fedeli amici “retaioli” vedono passare sopra le loro teste due stelle comete, accompagnate da un rombo assordante, che annunciano che le Streghe sono di nuovo all’opera.
Sbuchiamo “on top” (il termine indica il fatto di essere appena sopra uno strato di nuvole) a circa 8.000 ft e ci accorgiamo che la pianura padana è tutta un biancore di nuvole basse, mentre sopra splendono le stelle. Sotto il controllo di Garda radar riportiamo la verticale del TACAN di Istrana e cominciamo la nostra discesa lungo la radiale pianificata; io sono in coppia lungo tutta la discesa in IMC (condizione meteorologica strumentale), sul lato destro del 104 di Daniele, il lato preferito di tutti i gregari, perché consente una posizione più comoda al corpo: la testa che guarda verso sinistra, la mano sinistra sulla manetta motore e la destra che, con piccoli movimenti, controlla gli spostamenti del mio 104 a non più di qualche metro dalla tip del mio leader.
Finalmente, un chiarore sotto di noi! Il tempo è quello previsto (sulla verticale di Istrana abbiamo fatto scattare i nostri contasecondi), e dopo qualche secondo sbuchiamo sulla verticale di una città che, ovviamente, deve essere Pordenone.
Daniele prende la prua calcolata per il target accelerando contemporaneamente a 420 nodi mentre io prendo posizione, sempre sulla sua destra, sfilandomi un po’ ed allargandomi fino ad intravedere appena le luci di posizione del mio “leader”. Faccio partire il contasecondi per quelli che saranno forse i tre minuti più lunghi della mia vita.
Mi accorgo subito che c’è qualcosa che non va…: sulla nostra destra un gran buio, neanche una luce; ho l’impressione di essere molto vicino alle montagne, ma… non può essere! L’IP l’abbiamo sorvolato, la prua è giusta… e allora? “Daniele”, dico alla radio, “secondo me siamo molto a nord della rotta!”. Lui, preso dalla navigazione notturna a 500 piedi non risponde. Allora sintonizzo il TACAN di Aviano: la nostra rotta ci dovrà portare a sud del TACAN per cui vedrò la lancetta del mio strumento “sfilarmi” a sinistra. Canale 111 inserito sul pannello di controllo del TACAN ed ecco la lancetta che indica la radioassistenza indicare quasi in prua. Per fare ciò ho dovuto guardare in basso, sulla consolle destra, e quando cerco il mio “leader” sulla mia sinistra faccio molta fatica a vederlo.
La navigazione continua, preparo il pod “Orpheus”, mentre cerco di tenere in vista le luci di posizione del 104 di Daniele: il disagio non mi lascia, anzi aumenta, e mi ritrovo sempre più lontano ed alto rispetto alla posizione che dovrei mantenere. Ed il TACAN di Aviano? Maledizione! Per non perdere di vista il “leader” non sono riuscito a vedere da che parte è “caduta” la lancetta! Eccola lì, ora, beffardamente in “coda”.
Ormai il disagio è diventato quasi premonizione certa di un disastro incombente. Sotto il casco, i miei capelli sono letteralmente dritti sulla nuca e mi aspetto di vedere, da un momento all’altro, il 104 di Daniele dissolversi in una palla di fuoco… e non so il perché!
“Daniele”, quasi grido in frequenza, “vieni via da lì!”. Ma il tempo per il target è ormai scaduto: ancora qualche secondo di terrore, poi il 104 del mio “leader” comincia la più bella ed attesa virata a destra della mia vita. Perfino il fatto che ci perdiamo di vista prima di ricongiungersi e che ci dobbiamo ritrovare “on top” (un fatto normalmente non esattamente rilassante) mi lascia del tutto indifferente, tanto sono felice di allontanarmi dal “grande buio” che fino a qualche attimo prima sembrava voler inghiottirci entrambi.
Il rientro a casa è “routine”, ma quando ci ritroviamo in sala equipaggiamento io sono ridotto ad uno straccio. Ci precipitiamo insieme nella sala dei fotointerpreti dove con l’amico maresciallo fotointerprete cominciamo ad esaminare la “strisciata” all’infrarosso per trovare il nostro target e trasmettere il rapporto di missione. Ma dei camion nessuna traccia!
Alla fine riusciamo ad individuare una ferrovia sulla “strisciata” di Daniele che riconosciamo, confrontandola con una carta di navigazione, come la ferrovia pedemontana che passa a NORD di Aviano, praticamente ai piedi dei primi contrafforti delle Alpi. Insomma, Daniele è passato parallelamente alle Alpi a non più di 1.000 piedi (300 metri) dal fianco delle montagne!
Pallidi come la morte per il rischio corso (ancora oggi non posso fare a meno di pensare che se mi fossi trovato per qualsiasi motivo sulla sinistra di Daniele sarei sicuramente morto quella notte) andiamo dal maggiore “nonno” del Gruppo per raccontare la nostra avventura e per cercare di capire cosa fosse successo: infatti, se anche avevamo capito cosa fosse successo, ancora rimaneva da capirne il perché .
Il “nonno” ascolta la storia, guarda la nostra pianificazione e capisce istantaneamente cosa era avvenuto. In pratica, tutto era stato causato dall’uso di una carta geografica non aggiornata!
Un tempo, il TACAN di Istrana era situato a parecchie miglia dall’aeroporto, sul prolungamento dell’asse dalla pista. In seguito, esso era stato portato sul sedime aeroportuale, qualche miglio più a nord-ovest, ed erano state pubblicate delle nuove carte geografiche di navigazione. Purtroppo, esistevano ancora molte delle vecchie carte in circolazione che venivano regolarmente usate per pianificare le basse quote.
Così, scendendo lungo la radiale dal TACAN di Istrana, noi, in realtà ci trovavamo già parecchie miglia a nord della rotta tracciata sulle nostre cartine; in più, perfettamente al tempo calcolato, siamo sbucati sotto le nubi su una città che non era Pordenone, bensì Sacile (ben più a nord). La scarsa visibilità e la nostra familiarità praticamente nulla con quei luoghi di notte hanno completato l’inganno. Inutile dire che, dopo quella notte, tutte le cartine non aggiornate vennero eliminate!
Una combinazione quasi fatale di errori umani, fretta ed improvvisazione, condimeteo, sfortuna e, come piace dire a me, “nozze con i fichi secchi” portò Daniele e me a rischiare seriamente la vita quella notte buia e tempestosa. Ma ho imparato una cosa importantissima per un pilota: se l’istinto ti urla che c’è qualcosa di sbagliato in quello che stai facendo, be’… dagli ascolto… perché probabilmente ha ragione.
Testo: Christian Vaccari, Fabio Consoli
Foto: Fabio Consoli
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